Fondi pensione: si o no?

Per descrivere la situazione in cui versa l’intero sistema previdenziale italiano, è sufficiente dare uno sguardo a questo grafico:

raffigura le risorse destinate alla spesa pensionistica pubblica e privata rispetto al PIL dei Paesi.

Il nostro Stato spende moltissimo in pensioni, mentre i cittadini risparmiatori dedicano pochissime risorse alla creazione della propria pensione integrativa.

Quali sono i motivi che allontanano le persone dalla previdenza complementare?

In un recente studio il primo sconfortante dato conferma l’analfabetismo previdenziale (oltre che finanziario) dilagante, soprattutto tra quelli che dovrebbero essere i più interessati dal tema, i giovani under 35:
3 giovani su 4 non hanno conoscenze nemmeno basiche sul funzionamento delle forme di previdenza complementare.

Di seguito ti riporto le principali obiezioni di chi è stato intervistato e, per ciascuna, motivo le ragioni per cui queste resistenze sono sciocchezze, che risultano deboli se non addirittura infondate.

“Perché non ha sottoscritto un fondo pensione complementare?”

1. È troppo caro
Al primo posto, dunque, ci sarebbero i costi a tener lontano gli italiani da questo pilastro fondamentale della pianificazione finanziaria.

In realtà, le forme di previdenza complementare costano in media molto meno rispetto ai fondi comuni tradizionali (con delle significative differenze tra fondi negoziali, fondi aperti e PIP).

Il costo medio annuo, su un orizzonte di 10 anni, è dello 0,35% per i Fondi pensione di categoria, dell’1,28% per i Fondi pensione aperti e del 2,12% per i Piani individuali pensionistici.

Se andiamo su un orizzonte di 35 anni (perfettamente in linea con chi dovrebbe cominciare in giovane età), il costo medio annuo scende rispettivamente dello 0,25%, 1,17% e 1,75% per i PIP.

È chiaro che, come sempre, bisogna scegliere con cura.

Ma le soluzioni efficienti ed economiche sul mercato non mancano.

2. La pensione pubblica sarà sufficiente
Questa giustificazione è, purtroppo, totalmente dissociata dalla realtà.

Ed è figlia dell’elevato tasso di sostituzione che ancora oggi c’è in Italia (ovvero quanto prendo se vado in pensione oggi rispetto agli ultimi redditi).

Inoltre non considera il cambio strutturale in corso dovuto al sistema di calcolo contributivo, che presto soppianterà il vecchio e più vantaggioso retributivo, e dello scenario demografico che prevede un innalzamento delle aspettative di vita.

Secondo la Ragioneria Generale dello Stato, il tasso di sostituzione dovrebbe ridursi fino al 60% nel 2040 per i lavoratori dipendenti del settore privato e fino al 45% già nel 2030 per i lavoratori autonomi.

Capitolo a parte, poi, per i liberi professionisti: il processo di riforma che riguarda dal 2011 le Casse Professionali porta a stime ancora più imbarazzanti, anche inferiori al 35%.

La pensione pubblica, dunque, sarà totalmente insufficiente a mantenere un dignitoso tenore di vita.

3. È presto, ci penserò più avanti
Io la chiamo “rimandite”.

È un’abitudine naturale ma dannosa, che procrastina ciò che invece avrebbe bisogno di essere intrapreso subito.

Chi ci pensa ora, e non più avanti, ottiene due enormi vantaggi.

Primo, ha bisogno di un accantonamento minore e può dedicare il risparmio rimanente ad altre esigenze importanti; secondo, sfrutta l’ottava meraviglia del mondo, l’effetto capitalizzazione composta.

4. Non credo nel prodotto
Sparlare non ha senso, argomentare con i fatti si.

Gestione professionale del risparmio, elevata diversificazione, politiche di investimento più prudenti rispetto ai fondi tradizionali.

Sono solo 3 punti cardine.

Aggiungiamo che nel decennio 2008-2017, il TFR in azienda ha reso il 2,11% medio.

Nello stesso periodo, il rendimento medio dei fondi pensione è stato del 2,22% per i comparti garantiti, del 2,69% per gli obbligazionari, del 3,79% per i bilanciati e del 4,21% per gli azionari.

Questi sono i rendimenti, i dati certi.

Esattamente, in che cosa bisogna credere? Nella solidità dell’INPS?

5. Nessuno me l’ha offerto
Non è possibile!

Se non te ne ha mai parlato il tuo consulente o la tua banca, c’è un problema!

Il fondo pensione, assieme ad altri strumenti di protezione, deve diventare una opzione di default.

È un tema imprescindibile, non si parla di altro se prima non si è smarcata la questione.

L’argomento non ammette superficialità ed approssimazione, va affrontato e risolto subito.

In particolar modo per le categorie più scoperte (giovani, lavoratori autonomi e liberi professionisti); non si può aspettare un giorno in più.

Ora sta a te, anche fare opera di proselitismo.

Il cambiamento è in corso, e l’unico cambiamento contemplato per te è il rafforzamento della consapevolezza che non si può aspettare, e che bisogna benedire il momento in cui si è deciso di iniziare.

E se pensi che i limiti al disinvestimento siano fastidiosi; sono in realtà un’autentica salvezza: dare la possibilità alle persone di attingere in qualsiasi momento e per qualsiasi motivo al montante accumulato equivale a far sì che quella somma, alla pensione, non ci arriverà mai.

Mai come in questo caso, la tentazione rende l’uomo ladro. Ladro del proprio futuro e della propria sicurezza finanziaria.

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