Il nostro futuro secondo le istituzioni.

 

Nel precedente articolo ti ho parlato dei due motivi per il quale considero l’INPS una truffa…

Ora vediamo di capire quali prospettive, invece, disegnano per il futuro le istituzioni.

Qui trovi lo scenario atteso secondo la Ragioneria Generale dello Stato (Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario, rapporto 20/2019).

Ci sono diversi elementi di interesse da sottolineare.

Come prima cosa, ti faccio notare che dallo scenario nazionale base (linea blu più marcata) si evidenzia un incremento di spesa pubblica rispetto allo stesso scenario dell’anno precedente.

L’area rossa rappresenta il costo delle misure introdotte più recentemente (in particolare misura l’impatto di Quota 100)… Come è naturale che sia, la possibilità di anticipare l’uscita dal lavoro prevede un costo, che in questo caso è un incremento di oltre un punto di Pil di spesa pubblica!!!

Ma guardando più in prospettiva riusciamo a capire meglio in che direzione stiamo andando.
Dal grafico della Ragioneria dello Stato si evince che il culmine di spesa previdenziale sarà intorno al 2045 (tra 25 anni), anno in cui il passaggio al meccanismo contributivo dovrebbe manifestare i massimi effetti sui conti pubblici.
Da lì, il rapporto tra spesa pubblica pensionistica e PIL dovrebbe attestarsi su livelli più sostenibili riducendosi progressivamente.

Le aspettative sono dunque di un ulteriore, lento ma graduale aumento della spesa pensionistica sul Paese per circa 25 anni!!!

Ma la cosa interessante è: su che base vengono eseguiti questi calcoli?

Ecco, qui viene il bello e… casca l’asino.

Nella definizione del contesto macroeconomico di riferimento, la Ragioneria Generale afferma che le stime si basano sulle seguenti ipotesi:

  • Tasso di fertilità pari a 1,60
  • Pil reale medio pari a 1,2% fino al 2070
  • Incremento della produttività media pari a 1,7%
  • Tasso di disoccupazione al 5,5%

Ma qualcosa non torna, il nostro è un Paese che ha un tasso di fertilità dell’1,34, il reddito reale cresce di qualche decimale di punto quando va bene, la produttività è stagnante e la disoccupazione intorno al 10% con punte ben più alte, se guardiamo a quella giovanile… ormai da anni.

Ora, l’FMI (Fondo Monetario Internazionale) sostiene che intorno al 2040/2045 ad un il rapporto spesa su PIL supererà il 20%.

La domanda che ti faccio è: quanto ti fa stare tranquillo/a un sistema nel quale la spesa per pensioni arriva ad essere un quinto di tutta la ricchezza prodotta?

In primis per la sostenibilità del sistema stesso e poi perchè, in un sistema del genere, è alta la probabilità che i soldi verranno presi da chi lavora o detiene patrimonio, con un ulteriore inasprimento del carico contributivo e fiscale, inevitabile proprio per garantire la sopravvivenza del sistema.

Ecco perché l’INPS non è uno schema Ponzi ma, per certi versi, addirittura peggio: uno schema piramidale prima o poi crolla, resettando tutto, seppur con costi inevitabili.

Il sistema pensionistico invece non crollerà, ma continuerà a far crescere una iniquità intergenerazionale senza precedenti.

Mi fermo qui, perché i dati sono tanti già così e perchè le riflessioni che devi fare sono molto serie.

Riassumendo:

un sistema a ripartizione, come quello in vigore in Italia necessita di un contesto demografico ed economico favorevole.
Queste condizioni da noi non ci sono, ed anzi non si faticano a trovare numerosi segnali che vanno esattamente in senso contrario.
Su questa base, tutti gli organismi istituzionali disegnano un futuro alquanto brutto, nel quale il fardello previdenziale peserà sempre di più sui conti pubblici e quindi sulle spalle delle prossime generazioni.

La spesa pensionistica già oggi prende circa il 15% del PIL, circa 300 miliardi di euro l’anno, dal reddito di chi lavora. Più questa percentuale aumenta, più i produttori di ricchezza (cioè chi lavora) sono appesantiti da un carico fiscale e contributivo che li impoverisce.

Questa spesa, inoltre, non fa altro che depauperare risorse da altri capitoli di welfare, come l’istruzione e la sanità (dove i cambiamenti rispetto al passato sono già evidenti oggi, non ti pare?).

Ora… Si capisce che i consigli di una volta sono viziati da un vissuto di un boom economico e demografico che non si vedrà mai più sinché gli occhi ci consentiranno di vedere?

Le alternative sono due.

O ci si riproduce casualmente e velocemente (risolviamo il problema natalità ma ne creiamo altri).

Oppure si capisce finalmente che è ora di alzare la testa, e accorgersi che il calendario è andato all’anno 2020.

La generazione attuale ha tre fardelli enormi da portare: paga di più per sostenere le pensioni attuali, uscirà dal mondo del lavoro più tardi e lo farà con prestazioni sempre più basse.

La storia non possiamo cambiarla, il futuro collettivo non possiamo influenzarlo.

Ma l’unica cosa che possiamo fare è influenzare il NOSTRO futuro individuale.

Che vogliamo fare?

Io un’idea ce l’avrei.

 

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