La situazione italiana.

La settimana scorsa è uscito il NADEF (Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza 2020).

Un importante documento di aggiornamento del quadro macroeconomico e di finanza pubblica italiano. Interessante soprattutto per capire in che stato si trova l’economia del nostro Paese durante il Covid.

Prima di tutto, cos’è il NADEF?

NADEF, o Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza, è un documento che il Governo italiano presenta alle Camere entro il 27 settembre di ogni anno per aggiornare le previsioni economiche e finanziarie del DEF.

Vediamo i dati più significativi che emergono:

1. Nel 2020 il Pil reale è previsto contrarsi di 9 punti percentuali, più di quanto preventivato dal DEF di aprile

La Nota di Aggiornamento presenta quindi una revisione al ribasso delle stime sull’andamento dell’economia italiana per quest’anno, ed è la conseguenza della maggiore durata del periodo di chiusura delle attività produttive e della diffusione dell’epidemia su scala globale.

Nel complesso la previsione di flessione del PIL reale per il 2020 viene aumentata a -9,0 %, rispetto al -8,0 % della previsione di aprile.

A pesare è il secondo trimestre, con una diminuzione del PIL del -11,8% nell’area Euro e dell’11,4% nell’UE, rispetto al trimestre precedente.

Per l’Italia l’Istat rivede al ribasso il prodotto interno lordo nel secondo quadrimestre di quest’anno: diminuisce del 13% rispetto al trimestre precedente e del 18% nei confronti del secondo trimestre del 2019.

Secondo le proiezioni macroeconomiche, però, formulate a inizio settembre dalla Banca Centrale Europea, il graduale allentamento delle misure di confinamento in gran parte dei paesi dell’area europea a partire da maggio, ed i cambiamenti comportamentali in risposta alla pandemia, porteranno ad un recupero del PIL nel terzo trimestre, che dovrebbe aumentare dell’8,4%.

Sono solo proiezioni, che si realizzeranno (o meno) in base allo sviluppo della seconda ondata del Covid e, soprattutto dalle misure restrittive del Governo.

2. Rapporto debito/PIL: 158 %

In origine, nel documento di aprile, si stimava un rapporto del 151,8% (già comunque alto).
Rispetto al 2019, quindi, il rapporto debito/PIL è previsto in aumento.

Ovviamente questo è principalmente dovuto all’insieme di misure adottate per fronteggiare le conseguenze della pandemia, che ha avuto un impatto di 100 miliardi di euro in termini di indebitamento netto e di quasi 118 miliardi di euro in termini di fabbisogno.

Per l’anno in corso, il fabbisogno di finanziamento è previsto attualmente a 494 miliardi, di cui 316 di titoli in scadenza e 178 di deficit.

Le istituzioni europee (BCE/Banca d’Italia) dovrebbero assorbirne la metà, 252 miliardi, di cui 225 miliardi dalla BCE/Banca d’Italia.
Conseguentemente, il debito in rapporto al Pil sarà detenuto da istituzioni europee per 37 punti percentuali (il 23 percento del debito totale), mentre i restanti 121 dai mercati finanziari.

A seguito dei vari interventi di emergenza e della caduta del Pil, il deficit pubblico (cioè la differenza tra uscite e entrate statali) a fine 2020 dovrebbe raggiungere il 10,8 per cento del Pil, valore superato solo durante le guerre mondiali e nel periodo 1984-1991, dove però l’inflazione era particolarmente elevata.

A questo si aggiunge un nuovo record per il debito pubblico italiano: ad agosto, infatti, il debito è stato pari a 2.578,9 miliardi di euro, in aumento di 18,3 miliardi rispetto al mese precedente, come ha reso noto la Banca d’Italia.

I dati che ti ho elencato fino ad ora sono TUTTI straordinari (non nel senso positivo, ma che eccedono i limiti del normale e del comune).

In una situazione normale, questi dati segnerebbero il default di un Paese.

Siamo finiti, tuttavia, dentro una nuova normalità.

Stiamo camminando sul filo del rasoio, saldamente aggrappati all’Europa, che ci nutre. Altrimenti sarebbe il tracollo. Senza mezzi termini, senza politically correct.

E questa situazione non è inventata, né di slogan politici o partitici… questo è lo scenario che ho ricostruito alla luce:

  • dello strumento dell’Unione europea Next-Generation, che prevede risorse per il periodo 2020-2026 pari a 750 Miliardi per l’economia della UE.
  • il QE (quantitative easing) della BCE.

Per il momento, questi elementi, hanno portato lo spread dei rendimenti del BTP italiano a 10 anni rispetto al Bund tedesco, a scendere ai minimi dall’inizio del 2018.

Il mercato obbligazionario italiano quindi suggerisce che gli investitori sono più fiduciosi che lo Stato ripaghi i prestiti.

Lo possiamo vedere da questo interessante grafico di archeologia finanziaria di JimReid, uno storico finanziario della DeutscheBank.

Rendimento dei Titoli di Stato italiani a 10 anni dal 1310.

  • Ma questo ottimismo quanto durerà?
  • Un nuovo lockdown sarà sostenibile?
  • La manovra iniettata dalla BCE durerà per sempre?

Ti lascio con l’ultimo grafico.

Te lo spiego brevemente.

Il grafico traccia una mappa del rendimento del titolo di stato decennale rispetto al rapporto debito/PIL del nostro Paese dal 1861, anno di nascita dello Stato italiano.

Per quasi 150 anni c’è stato un legame tra i due dati.

Più l’Italia si indebitava, più doveva pagare per ottenere un prestito (mi pare ovvio, è la normalità).

Ora, però, il suo indebitamento ha raggiunto un massimo storico (come abbiamo visto dai dati iniziali), ma il tasso di indebitamento (rendimento decennale dei Titoli di Stato) è ai minimi storici.

Grazie agli aiuti di politica monetaria e fiscale sembra che questa nuova normalità dia fiducia, ma in realtà questi rendimenti non possono essere sostenuti all’infinito.

Allora la domanda è:
Sei ancora dell’idea di voler mettere tutti i soldi sull’Italia, evitando così la logica della diversificazione, decorrelazione e della buona usanza di non rischiare di perdere tutti i soldi?

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