Nel mondo finanziario si utilizza il termine “default” per indicare una situazione grave, estrema, che identifica un’incapacità parziale o totale, da parte di un debitore, di onorare i suoi debiti.
In realtà il termine viene dall’ambito informatico, dove il significato è neutrale, differente da quanto abitualmente pensiamo, e non evocativo di una cosa brutta.
In economia, invece, il termine default assume un’accezione negativa, poiché si riferisce all’incapacità patrimoniale di un debitore di soddisfare le proprie obbligazioni. Più in generale per uno Stato, una banca o una grande azienda, il termine diventa “fallimento”. E se nella cultura anglosassone il fallimento tutto sommato è qualcosa che si può lavare con un’orgogliosa ripartenza, nella cultura latina il fallimento evoca un evento assai negativo, un clamoroso insuccesso.
Attualmente, secondo l’articolo 178 del Regolamento Ue n.575/2013, un debitore è considerato in stato di default in presenza di almeno una delle seguenti condizioni:
1. condizione oggettiva: il debitore è in arretrato da oltre 90 giorni consecutivi nel pagamento di un’obbligazione rilevante (rilevante se almeno pari al 5% del totale delle esposizioni del cliente verso la banca);
2. condizione soggettiva: la banca giudica improbabile che il debitore adempia integralmente alla sua obbligazione.
Dal 1° gennaio 2021 la norma sopra viene integrata con nuove e più stringenti regole europee in materia di definizione di default e classificazione delle parti inadempienti. Il nuovo Regolamento Delegato (UE n. 171/2018) stabilisce i nuovi criteri in base ai quali le banche valuteranno un’esposizione creditizia come rilevante e quindi in default, prevedendo queste soglie di rilevanza espresse sia in termini assoluti che relativi.
In termini assoluti:
- 100 € per le esposizioni al dettaglio (Persone Fisiche e PMI)
- 500 € per le altre esposizioni
In termini relativi:
- 1% dell’importo complessivo di tutte le esposizioni del cliente verso la banca.
Quindi, secondo queste nuove norme, le soglie di insolvenza, che quindi aprono le porte del default sono decisamente basse, sia per persone fisiche che per persone giuridiche.
Il nuovo regolamento impone un’altra rilevante novità: la banca è tenuta a classificare il cliente in default anche in presenza di liquidità in altre linee di credito non utilizzate.
La compensazione, che spesso era usata in situazione di difficoltà, presto non potrà più essere sfruttata (come stabilito dall’Autorità Bancaria Europea).
L’ EBA ha inoltre aggiornato i tempi per tornare per così dire in bonis, cioè per uscire dalla situazione di default.
In caso di dichiarato default non basterà più che il cliente adempia gli obblighi con la banca come era in precedenza.
Con il nuovo regolamento lo stato di insolvente rimarrà per 90 giorni dalla regolarizzazione dello stato con la banca.
Durante questo periodo la banca valuta comportamento e situazione finanziaria del soggetto e, trascorsi i 90 giorni, la banca potrà riclassificare lo stato di “non default” se il miglioramento della qualità creditizia è effettivo e ragionevolmente permanente.
Quindi, prima di ritornare ad essere considerati “buoni pagatori”, è comunque previsto un periodo di sorveglianza.
Esiste poi il problema del contagio.
L’eventuale default su una singola posizione comporta la stessa situazione su tutte le posizioni in essere del debitore nei confronti della stessa banca.
A questa condizione esiste però un’eccezione per le PMI: se l’esposizione debitoria complessiva è inferiore ad 1 milione di euro, il default di una delle esposizioni non determina l’automatico contagio anche di tutte le altre linee di credito.
Le banche dovranno quindi censire i rapporti e le connessioni tra i propri clienti, in modo da identificare i casi in cui il default di un’impresa possa ripercuotersi negativamente sulla capacità di rimborso di un altro debitore collegato, con la conseguenza che anche quest’ultimo possa finire in insolvenza.
Queste novità saranno applicate, oltre che dalle banche, anche da tutti i soggetti che svolgono un’attività di intermediari finanziari non bancari, ovvero tutti i soggetti che esercitano servizi di concessione di finanziamento sotto qualsiasi forma (ad esempio società di leasinge finanziarie).
Di seguito trovi un albero decisionale che ben illustra cosa succede: |